Un'altra coincidenza mi richiama alla città che conosco bene. A quella palazzina di periferia dove vive clandestinamente il benamato androide che pensavo di conoscere bene. Stanotte quella strada è illuminata dalle fotoelettriche della televisione per altri motivi. Mediocri registi battono i palcoscenici del dolore: cercano disperatamente quell'umanità che sfugge ai loro calcoli per la carriera. La guerra-spettacolo bussa alla porta di casa e perfino la famosa gente comprende quanto sia sottile quello schermo, lo specchio di Alice. Così quella vicina di casa che conosce i privilegi e le grancasse sfondate del giornalismo e della politica diventa un'eroina per decisione unanime di governo e opposizione. Ogni fazione spergiura di stare ancora dalla parte giusta, tutti temono di essere ormai nel torto marcio: per motivi diversi, certo, guerrafondai e pacifisti strumentalizzano la buona fede degli ingenui. Una persona retribuita per il proprio lavoro la chiamano "volontaria", così come i soldati che partono per il fronte (volontari per incoscienza giovanile, per lo stipendio e per non avere alternative). Come sempre, fanno la guerra e la chiamano pace: credono di avere pure la potenza del verbo. Questi tromboni rifiutano qualsiasi manifestazione etica: l'estinzione dell'umanità è segnata dal tramonto della dignità del lavoro e, soprattutto, dall'ipocrisia delle belle anime che non vogliono comprendere la realtà, perché questo schifo di spettacolo quei culi di velluto se lo godono dalle loro comode poltrone.
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