Parole. La più effimera tra le armi di distruzione di massa. Perché siamo nati coccolati dalle parole, cresciuti innamorati delle parole e riconosciamo infinito credito ai linguaggi umani. Così qualcuno ne approfitta ignobilmente. Favole. Da piccoli ci hanno imposto il bene e il male, eppure ci piace ancora sognare isole che non ci sono. Però qualcuno racconta solo fantastiche bugie. Storie. Per addomesticare l'universo ai capricci dei satrapi della democrazia. Prostituendo il senso delle parole perché non sia più chiaro il progetto di conquista degli incappucciati. Leggende. Una dilagante precarizzazione della vita voluta all'unisono dalla confraternita inciuciona di governi e opposizioni. Intercambiabili da destra a sinistra (non c'è dialettica solo tra alto e basso): l'unica appartenenza è quella orizzontale di casta. Politicanti qualunquisti al soldo della combriccola di corporation che si credono dio (evidentemente un business non esclusivo delle chiese). Fantasie. Al circolo della caccia mascherano i delitti di corte con sapienza: ogni furto al bene comune sembra un passo per il progresso dell'umanità intera. Sembra incredibile. Eppure molti diritti umani considerati inalienabili sono già carta straccia. A cominciare dal lavoro, declassato ex lege in favore da elargire ai sudditi più fedeli: lavoro di scambio, a termine come i mandati elettorali. Voti in cambio di lavoro fino al successivo voto. Incubi. Morto un certo comunismo, agonizza tal quale il capitalismo. Casomai i sogni non fossero che belle parole. Inutili.
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