La mattina scende puntuale, pioggia scura e tramontana. Ingiacchettata. Come ogni Nexus 6, lavora seria e controvoglia alla carriera. Poi la notte, sfida gli anatemi e l'inverno a piedi nudi, nelle ciabattine argentate; pochi minuti con l'infradito e il freddo resta nello stupore dei passanti. Sventola la sua pelle chiarissima giù dal gonnellino, su dalla scollatura a tette strette. Cerca di dire qualcosa, imbrogliando tenerezza primordiale e provocazione modaiola. E distilla calore dal ghiaccio, energia per se stessa e per gli altri. Qui in città si ciucca parecchio per levarsi la palta di dosso: quel lavoro in pelle e i suoi droidi non fanno eccezione; non vogliono sembrare strani. Buon per loro: in testa hanno più piercing che pensieri! Si scaldano per sciogliere il gelo; allungano il tempo e il sangue scegliendo un codice alcolico sul modulatore d'umore. Cercano di liberare la loro umanità, finalmente. Magari, espugnato il mondo, vorrebbero conquistare una persona. Qualche volta cascano per terra, come dal pero; ma subito arrivano i soccorsi istituzionali: il Penfield è un business serio. Comunque, stasera le amiche meno bevute la sorreggono e la coccolano come non farebbero altrimenti. Altre volte, dopo la sbronza, quel Nexus 6 va con l'esemplare meno stordito (gli altri danno i numeri). Preferisce l'odore della rosa che sfogliare una margherita: non è contentissima, ma non si lamenta troppo; ha già qualcosa per affrontare il giorno che torna, le amiche di nuovo distanti e l'amante di una notte che non ricorda l'impresa e neanche il nome della rosa.
continua
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