Intervento al seminario di demodoxalogia, San Martino al Cimino, 26/10/2009
In occasione del seminario di demodoxalogia applicata alla musica – promosso dall’Associazione IS.I.S. in collaborazione con la SIDD, per il sostegno agli allievi del Conservatorio “Alfredo Casella” de L’Aquila, svoltosi in concomitanza alle lezioni curricolari dal 26 al 29 ottobre 2009 presso l’Associazione Juppiter (che ha ospitato a titolo completamente gratuito studenti, insegnanti e relatori presso la propria struttura di San Martino al Cimino) – mi è stato chiesto di parlare del testo di uno spettacolo di Vittorio Sicuri che rappresenta un contributo molto interessante alla diffusione della musica italiana dei primi quarantacinque anni del secolo appena trascorso. Per chi non ricordasse la figura di Vittorio Sicuri, diciamo che è stato direttore d’orchestra e di coro. Nato a Parma nel 1938 e morto a Barcellona nel 2001, ha collaborato con le più grandi istituzioni e realtà musicali del nostro tempo quali La Scala di Milano, il Festival Puccini di Torre del Lago, il Maggio Musicale Fiorentino, la Fenice di Venezia e il Teatro Colòn di Buenos Aires e con i migliori artisti, direttori d’orchestra, compositori, registi contemporanei. Insignito nel 2000 del meritatissimo Premio Rodolfo Valentino – riservato alle personalità che hanno contribuito a diffondere la cultura italiana nel mondo – il nostro autore non era nuovo a tali esperimenti: un secondo testo, giuntomi qualche giorno più tardi rispetto a quello in esame, riguardava la presentazione di Liriche italiane dei primi 25 anni del secolo ad un concerto tenuto nel 1984 presso Cappella di Sant’Agata a Barcellona. Il concerto faceva parte del cicloIl primo Novecento in Italia, organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura ed eseguito il 30 novembre 1984 con la partecipazione del tenore Mauro Wrona e della pianista Shari Rhoads. Quest’ultimo lavoro – il cui programma prevedeva la presenza degli autori Vincenzo Davico, Ildebrando Pizzetti, Virgilio Mortari, Ottorino Respighi, Luigi Denza, Paolo Tosti e della loro produzione di “canzoni, liriche, romanze” (p.11 della copia del testo dattiloscritto) – ha rivelato un Sicuri estremamente colto, arguto e ironico, qualità che, certamente, non si potevano riconoscere – se non per conoscenza diretta dell’autore – nello scritto-spettacolo da commentare.
Il testo oggetto di riflessione – giunto dattiloscritto in spagnolo – ha infatti tutte le caratteristiche di un promemoria, una sorta di scaletta, con tanto di commenti, per lo svolgimento di uno spettacolo, comprese pause, tempi tecnici e interventi dalla cabina di regia. Ad esempio si indicano i “luoghi” musicali (accordi, frasi, ritornelli ecc.) ove aumentare o diminuire il volume, dove inserire l’inizio o la fine della lettura del testo e così via. Dei quarantacinque anni previsti ne sono però arrivati soltanto undici, ovvero l’illustrazione musicale ed il testo si sono fermati al 1911 con la canzone di Cordiferro e CardilloCore ’ngrato.
La richiesta di commentare questo particolare testo, scritto da un esperto, studioso e professionista della musica classica, ha suscitato in me grande curiosità. Per forza di cose l’approccio personale non è stato quello di una demodoxaloga, ovvero studiosa dell’opinione pubblica, ma di una musicologa (e in quella sede docente di storia della musica) che va a ricercare nelle fonti disponibili tutti quegli elementi che permettano una maggiore conoscenza della pagina musicale, tanto da poterla inserire correttamente nel contesto culturale coevo. D’altra parte il testo è particolarmente attento ai dettagli, agli eventi e al commento storico, ma estremamente scarno di “motivazioni” sulle scelte ab origine e sulla finalità delle stesse. Si è potuto e dovuto procedere solo per intuito e deduzioni.
La prima domanda che ci si è posti è stata sulle scelte delle musiche che vengono presentate in questo breve lasso di tempo, di per sé disparate e derivate da ambiti molto diversi tra loro. La seconda sulle “mancanze”, ovvero quelle musiche o meglio generi musicali che risultano – destando grande stupore – completamente assenti. Mi spiego meglio. Le musiche e gli autori presentati in questo scorcio di spettacolo vanno dal Va’ pensiero del Nabucco di Giuseppe Verdi (1842) – quindi di molto anteriore al 1900, anno di partenza dello spettacolo – a Core ’ngrato, canzone napoletana, di Cordiferro-Cardillo del 1911 – ben lungi dal 1945, anno di conclusione del previsto excursus storico-musicale (ma questo potrebbe essere stato dovuto ad una perdita del dattiloscritto completo).
Si passa pertanto attraverso canzoni napoletane in italiano e napoletano (da Santa Lucia, Addio a Napoli, Musica proibita a Funiculì funiculà, Marchiare, ’O Marenariello, O sole mio, Maria Marì, I’ te vurrìa vasà, Canzone ’e Napule), romanze (Mattinata di Leoncavallo, dedicata ad Enrico Caruso), canzoni un po’ osé (La spagnola), canzoni patrie delle guerre coloniali (Tripoli bel suol d’amore, cantata dal soprano d’opera Alessandrina Drudi, alias Gea della Garisenda), per terminare, appunto con Core ’ngrato (dedicata anch’essa ad Enrico Caruso), sul tema della lontananza e del tradimento d’amore. In realtà questo breve excursus tocca dei punti salienti e dolenti della nostra storia: l’emblema di Verdi e delle sue opere patriottiche riguardo al periodo risorgimentale e alla faticata e sofferta unità d’Italia; la ricerca di una identità anche linguistica attraverso la musica e la canzone che più ha rappresentato l’Italia nel mondo, quella napoletana; le conquiste tecnologiche (la funicolare del Vesuvio inaugurata nel 1880, ricordo di una ricchezza e di una capacità di essere all’avanguardia che sono state deliberatamente e forzatamente sottratte al sud d’Italia); il caffè concerto e le sue “dive”; le guerre coloniali e la conseguente infedeltà e dimenticanza.
Lo scritto di Sicuri a noi giunto si ferma qui. Difficile dunque fare commenti o ipotizzare una chiara motivazione delle scelte musicali effettuate, in considerazione del fatto che manca anche il semplice accenno ad altri generi da sempre, o in quel periodo, molto in voga quali il melodramma, l’operetta, la rivista, il cafè chantant, il musical, tanto per citarne alcuni. D’altra parte il testo è indubbiamente incompleto, quindi non si possono trarre che conclusioni imperfette e incompiute. Più ampie riflessioni, sulla traccia di quanto è stato presentato al seminario di San Martino al Cimino – più volte citato in questo sito – si potranno trovare sul testo relativo agli interventi dei relatori, del quale l’Associazione IS.I.S. vuole sostenere la pubblicazione. Ad ogni modo lo spettacolo è molto godibile, sia per i tempi veloci che per le scelte di musiche conosciute e amate da tutti gli italiani e nel mondo intero. Forse per questo sembra – a quanto afferma la vedova – che l’idea sia stata ripresa sia da Paolo Limiti, sia da Pippo Baudo, che ne hanno fatto un vero e proprio spettacolo di canzoni senza dar peso a quel filo della storia che Sicuri aveva voluto innegabilmente seguire.