La blu o la rossa? Da quando Nestlé non produce le smarties blu (non si e’ trovato un colorante naturale alternativo al famigerato E133), non c’è dilemma: tocca sceglierla rossa la macchina per fughe domestiche… Come nella saga dei Wachowski, rinunciare all’illusione che sembra vera e optare per la consapevolezza della realtà apparentemente finta: probabilmente una prospettiva difficile da accettare al di fuori dell’affabile “confraternita” di Gianluca Nicoletti, un pubblico di migranti digitali che dimora volentieri nei social network predicati e praticati dal vate umbro (in passato Second Life, ora Facebook). La demodoxalogia li descriverebbe magari come un pubblico soggettivo-virtuale: appassionati nicolettiani per scelta consapevole e, visti dall’esterno, audience riconoscibile del nicolettismo.
Proviamo a dispiegare il busillis col conforto del chat-epistolario tra il giornalista e il filosofo Stefano Moriggi (Perché la tecnologia ci rende umani: la carne nelle sue riscritture sintetiche e digitali, Sironi, 2009). Il libro è stato presentato a Roma il 4 novembre scorso (nell’aria ancora l’afrore d’incenso della commemorazione dei defunti) nel museo delle reliquie della chiesa di San Giovanni de’ Fiorentini: impensabile una migliore ambientazione per parlare di reliquie digitali, protesi al silicone e di quello che rimane del corpo umano dopo l’affronto delle tecnologie che lo trasformano. Per rendere forse più suggestivo il reading, qualche brano del libro è stato leggiucchiato da un giovinattore “trapiantato” dal corpo delle fiction televisive al fingimento delle reliquie nel museo. Della serata preferisco citare Moriggi che cita Platone che dialoga per timore della parola scritta: da cui prende le distanze, aggiungerei, incamminandosi sulla strada che incrocia poi anche Umberto Eco, quando romanza quello che non si può discettare in forma di saggio. Confesso però di non amare molto il saggio epistolare… Permettetemi la digressione su quello recente di Joseph La Palombara e Luigi Tivelli (Stati Uniti? Italia e Usa a confronto, Rubbettino, 2009) che mi sembra una scorciatoia editoriale. Perché, sebbene i temi trattati siano di grande interesse, il lettore è costretto all’analisi testuale per capire a quale dei due politologi attribuire il singolo contributo. Può capitare così che un incolpevole americanista attribuisca a La Palombara l’espressione società delle conoscenze (riferita all’Italia delle raccomandazioni, in contrapposizione alla società della conoscenza), mentre nella mia esegesi coatta il concetto andrebbe attribuito a Tivelli… Insomma, la vendono come novità editoriale, a me sembra una sveltina consumata nel buio di una tipografia.
Ma torniamo all’epistolario di Moriggi e Nicoletti, che invece ha una qualità indubbia: permette di navigare liberamente tra innumerevoli rivoli teorici, mostrando le radici filosofiche di quella visione del mondo condivisa dagli umani digitali che hanno in Nicoletti un punto di riferimento. Tra le tante citazioni, durante l’incontro al museo delle reliquie si dà il giusto riconoscimento all’Elémire Zolla delle “uscite dal mondo”, che ha ispirato anche le canzoni scritte da Nicoletti con i fratelli Francesca e Riccardo Alemanno. Così Macchina per fughe domestiche (Borgatti, 2009) “sembra un cd” – dicono gli autori – ma in realtà è uno zibaldone delle “tiepide fessure che si nascondono nel quotidiano di ogni persona”: una raccolta di inconsuete ballate che meritano un ascolto attento.
Allora, la blu o la rossa? In sostanza, si tratterebbe di rinunciare a un certo conformismo (non solo estetico) e accettare la possibilità che il proprio mondo sia meno vero di quelli definiti sbrigativamente “virtuali” (togliete pure le mani dalle pistole, non la nomino più la parolaccia). Nicoletti, il capitano Morpheus delle tecnologie (spinte) dei sensi, ci obbliga alla scelta decisiva: pillola blu o pillola rossa? Lo dicevamo, non c’è dubbio; e poi il rosso è anche il colore della passione. E Radio 24 (da cui Nicoletti trasmette il suo Melog) ne ha fatto un jingle: “la passione si sente”… Quello slogan è finito poi sulle magliette (rosse) che il marketing dell’emittente del Sole 24 Ore ha tradotto perfino in russo. L’episodio è divertente: quando scoprono che nella lingua di Puškin (prima che di Putin) quella frase ha un significato piuttosto lascivo, ecco che arriva Nicoletti, manuale di marketing sottobraccio, e trasforma il problema in vantaggio: le magliette in cirillico scurrile diventano uno dei gadget più ambiti soprattutto tra le ardite nicolettiane.
Come Neo in Matrix, dunque, il manipolo di avanguardisti che segue le battaglie ideali e “carnali” di Nicoletti non può che scegliere il confetto rosso; e provare così l’esperienza di entrare e uscire dal mondo, magari fluidificando il transito metafisico con l’incoraggiamento spirituale di “Suor Margarita” (l’esotico cocktail superalcolico venerato dai nicolettiani di stretta osservanza). Prosit.