Intervista di Paola Di Giulio, in Cronache e opinioni n.2/3 2008 ed. CIF
Cos’è e quali meccanismi la condizionano nell’intervista a Francesco Bergamo, direttore dell’Agenzia Informatore Economico-Sociale.
L’opinione pubblica: più che altro è un rifugio linguistico quando si ha poco da dire. Per far tacere le coscienze e gli animi. Per nascondere la verità a volte o semplicemente per sentirsi importanti. Usato come termine sia dalla destra sia dalla sinistra quando è necessario appellarsi a qualcosa che sia “al di sopra delle parti”. Alcuni la temono, o fanno finta. Altri la usano e la manipolano a proprio piacimento. Proprio per questo intervistiamo Francesco Bergamo, uno dei massimi studiosi italiani di demodoxalogia, veneziano, giornalista, scrittore e direttore dell’Agenzia Informatore Economico-Sociale.
Direttore, l’opinione pubblica. Se ne parla molto ma pochi sanno di cosa si tratta. Ce lo spieghi lei.
Bella domanda. Bisogna subito dire che l’opinione pubblica ha sempre interessato l’uomo. Questa serviva per avere il consenso e per governare. Ma lo studio vero e proprio, scientifico è abbastanza recente. Per i cultori della demodoxalogia, però, l’opinione pubblica è una forza sociale di carattere psico-collettiva connaturata all’ambiente ove si sviluppa e favorita da predisposizioni interne al gruppo, ma generata da stimoli esterni al gruppo stesso.
Cos’è la demodoxalogia?
La demodoxalogia deriva dal greco demo, doxa, logos che significa “discorso sopra il popolo”. La parola demodoxalogia (prima del fascismo e demodossalogia durante il Ventennio) significa la “scienza che studia la pubblica opinione”. É una invenzione tutta italiana. La scienza è nata in Italia nel 1928 per intuizione del senatore Paolo Orano che ebbe degli allievi che poi svilupparono la scienza. Tra questi spiccarono il professor Federico Augusto Perini-Bembo; il generale Adriano Giulio Cesare Magi Braschi; il professor Carlo Curcio e tanti altri. La scienza ebbe il suo periodo di massimo splendore negli anni ’60. La demodoxalogia studia i pubblici di riferimento e cerca di capire con largo anticipo l’evoluzione della opinione pubblica; oppure analizza le informazioni contenute e studia se al suo interno vi siano anche informazioni di tipo sensibile o riservato.”
Come è nato il suo interesse per questa materia?
Mi sono avvicinato per caso. Stavo cercando qualche cosa che servisse al mio lavoro, insomma una specie di autoformazione professionale. Lessi in un giornale che c’era un convegno sulla demodossalogia. Da lì iniziò tutto. Entrai in contatto con il professor Giulio D’Orazio, l’ultimo decano vivente di questa scienza e colui che ha messo a punto il suo più recente perfezionamento. La materia mi appassionò talmente che decisi di studiarla quasi a tempo pieno. Con il tempo mi sono reso conto che lo studio si è rivelato decisivo per la mia professione e inoltre contribuisco alla sua divulgazione. Di fatto, uso la demodoxalogia per rilevare la pubblica opinione e per carpire le informazioni di tipo riservato e segreto. Questa ultima parte, però, non la insegno.
Lei è in grado di rilevare le informazioni segrete attraverso i giornali?
Sì, certo. Sono perfettamente cosciente che agli occhi del profano sembri un’eresia ma le garantisco che la cosa è vera. Tanto per farle qualche esempio: il film “I tre giorni del Condor” parla proprio di questo. Il film “Ipotesi di complotto” è ancora più realistico, perché fa proprio vedere che il protagonista ritaglia dai giornali le informazioni segrete. L’ammiraglio Martini, nel suo libro, lo scrisse chiaramente e poi ci sono tantissimi altri esempi. Leggere un giornale non è un’operazione tanto facile come si crede, perché serve un metodo. Questo apre le porte a molte altre informazioni che sono scritte tra le righe. Le ricordo, comunque, che il generale Magi Braschi (Sifar- Servizio Informazioni Forze Armate), analizzava i giornali e rilevava anche l’orientamento della pubblica opinione.
In passato Padre Andrew Felix Morlion, Rettore dell’Università Internazionale per gli studi sociali “Pro Deo” (attuale Luiss) si occupò molto della pubblica opinione anticipando di gran lunga i tempi. Esiste materiale di studio?
Padre Morlion fu un geniale studioso della pubblica opinione. A lui si deve il primato di aver divulgato le sale cinematografiche in Italia e la creazione dal nulla dell’Università Pro Deo. L’ateneo era proprio specializzato nello studio della pubblica opinione. Purtroppo, però, si venne a sapere che Morlion era finanziato anche con i soldi della Cia, perché aveva la funzione di formare quadri e dirigenti in funzione anticomunista. Da quel momento venne messo in disparte, l’Università, ora Luiss, venne rilevata da Confindustria e il preziosissimo materiale di Morlion sparì nel nulla. Le sue dispense e i suoi libri, ormai rarissimi, hanno un valore culturale inestimabile e un valore economico di grande importanza. Morlion fu un vero precursore e da quanto ho potuto studiare dal materiare in mio possesso, un vero genio. Le sue teorie sono ancora attualissime e validissime. Peccato che non si studino più. Ma non tutto è perduto: una giornalista che conosco ha molte carte di padre Morlion e sta scrivendo un libro su di lui e sulla sua opera intellettuale.
Chi altro oltre Lei in Italia se ne occupa?
Lo studio della pubblica opinione del senatore Orano creò due scuole di pensiero: quella del professor Perini-Bembo con la demodoxalogia e quella del professor Francesco Fattorello che ora viene portata avanti dalla Fondazione Fattorello ad opera del professor Ragnetti. Allo stato attuale, lo studio della pubblica opinione si basa sulla linea angloamericana, purtroppo. Vede, molte cose buone prodotte dal fascismo vennero volutamente cancellate e secondo il mio modesto parere è stato uno sbaglio enorme. La vera cultura dovrebbe non badare alle ideologie politiche e prendere quanto di buono l’uomo abbia sviluppato. Io sono il direttore dell’Agenzia di stampa Informatore Economico-Sociale che è l’organo ufficiale dei demodoxaloghi e la tradizione continua proprio con l’agenzia, ma c’è anche il blog opinionepubblica.com che viene portato avanti dal professor D’Orazio e dal dottor Zarzaca.
Lei cosa chiede ai suoi intervistati?
Faccio sempre le stesse cinque domande. Questo per dare agli studiosi la possibilità di comparare alla stessa domanda le differenti risposte date dai vari personaggi. L’importanza di questo stile di intervista consiste nel dare dei parametri certi di riferimento, altrimenti lo studio scientifico non sarebbe possibile. Solitamente faccio una piccola presentazione del personaggio e poi queste domande: nel corso della sua vita privata e professionale si è mai posto la domanda da che cosa sia regolata l’opinione pubblica? Quando, per la prima volta, ha preso coscienza dell’esistenza della pubblica opinione? Il suo approccio al tema in questione è frutto di un percorso di studio o è dettato dall’istinto e dall’esperienza personale? Come e che sistemi usa per rilevare la pubblica opinione? Il suo metodo personale per creare una opinione pubblica a lei positiva: in che cosa consiste e con quali strumenti? Sono domande difficili e che mirano a sondare bene l’esperienza vissuta.
Lei ha intervistato studiosi, politici, giornalisti. Che impressione ne ha avuto?
I giornalisti hanno una buona base di partenza e hanno detto la loro in maniera abbastanza chiara. I politici, invece si sono basati più sul loro fiuto, gli studiosi infine sono più accademici. Le faccio solo alcuni nomi di quelli che mi hanno risposto: Francesco Cossiga; Tonino Lamborghini; Magdi Allam; Tina Anselmi; il Gran Maestro della Massoneria; Fabrizio Del Noce. Ma se proprio devo stilare una classifica di quello che più si sia avvicinato alla demodoxalogia, allora il premio va a Renzo Scarpa, capo di gabinetto del vicesindaco di Venezia. È l’unico che pur non avendo studiato la materia, ma solo per talento naturale, si sia avvicinato all’obiettivo. Ma la vera sorpresa di tutto questo lavoro è nel constatare che molti non hanno specificato la differenza tra la folla e l’opinione pubblica e spesso, erroneamente, le due cose sono pure confuse. Comunque, le interviste sono on-line nel sito www.demodossalogia.it al link Dossier.
I mass media secondo lei riescono ad influenzare l’opinione pubblica su determinati fatti?
Sì, certo. Storicamente ci sono gli esempi dei dittatori che accentravano su di loro i mezzi di comunicazione di massa. Le democrazie, poi, non sono tanto lontane: le varie zuffe per il controllo della Rai lo dimostrano chiaramente. Non dimentichiamoci che i giornali e ogni altro mezzo di comunicazione hanno un padrone. Insomma, il mezzo non è altro che un mezzo aziendale. Nel senso che è una azienda. Anziché vendere saponette, vende informazioni. Se l’influenza viene fatta da professionisti, allora difficilmente l’uomo comune se ne rende conto. Se è fatta in maniera grossolana, invece, rientra nella pubblicità. Ci sono delle regole precise per la fabbricazione della pubblica opinione e per la conduzione della propaganda, come per la pubblicità. I grandi gruppi multinazionali hanno delle vere e proprie strutture che vengono chiamate, nel gergo, Infowar e servono proprio a pianificare a creare la pubblica opinione. Ma le faccio l’esempio del cormorano morente dentro l’acqua del Golfo Persico inquinata dal greggio che Saddam Hussein fece fuoriuscire dalle condotte per ostacolare l’avanzata delle truppe americane. Contro il dittatore si sollevò lo sdegno del mondo intero e venne additato come il massimo ecoterrorista del globo. É una delle più colossali balle date a bere alla pubblica opinione. Il greggio fuoriuscì grazie ai bombardamenti degli americani alle petroliere irakene. Ma il bello è che il cormorano fu fotografato anni prima di questo fatto ed esattamente nel Mare del Nord dopo l’affondamento di una petroliera. Il povero cormorano, poi, non era neanche di una specie che potesse vivere nel Golfo Persico. Ma quanti sarebbero stati in grado di capire tutto questo e quanti poi sarebbero stati capaci di sollevare una voce contraria, quando tutti i mass media del mondo davano la stessa notizia?
E’ manipolabile l’Opinione pubblica?
Certo. Il dramma è che la gente non se ne rende conto. Una volta un ragazzo americano confezionò un comunicato stampa identico nello stile e nella grafica di una grossa industria e poi lo inviò alla stampa. Ebbene, le azioni crollarono contro ogni previsione e il giovincello ne fece incetta. Divenne ricco. Ma venne preso dalla polizia. Comunque questo dimostra come chiunque possa manipolare l’opinione pubblica. La tanto decantata dieta mediterranea, che andò di moda qualche anno fa, non era per esaltare le virtù della nostra straordinaria cucina, ma fu solo una manovra ben organizzata e molto aggressiva dell’intelligence economica giapponese per ostacolare l’avanzata della proliferazione della ristorazione fast food della Mc Donalds americana in Italia. Incredibile, vero? Questa notizia, comunque, venne data nel sito del SISDE (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica) e tuttora nell’archivio è consultabile. Oppure delle bombe messe in un Paese per dirottare il turismo in un altro stato. E via di questo passo. Dunque, l’opinione pubblica è manipolabile. Ma vorrei ricordare che l’opinione pubblica non è divisa solo in due. Di fatto, ci sono milioni di opinioni pubbliche, che vanno via via addensandosi attorno all’argomento che più si avvicina alla loro visione. Solo alla fine si arriva a due schieramenti.
Attualmente l’informazione di che tipo è? Di sicuro è stata riscontrata da molti esperti una certa tendenza a puntare molto sulla cronaca, soprattutto la cronaca nera. Perché?
Lei ha mai pensato quanto tempo ci metta una persona a leggere tutto il quotidiano “La Repubblica” oppure il “Corriere della Sera”? Sono giornali di 60 pagine e scritti con caratteri piccoli. Io ho fatto la prova: 6 ore e 48 minuti circa. Le sembra normale? Questo significa che i giornali non vogliono farsi leggere. Perché le persone non hanno più tempo e leggono una notizia o due e poi solo i titoli e guardano le foto. Basta così. La maggior parte de lettori ha sempre letto le tre “S”: sesso, sangue e soldi. Ma ultimamente l’orientamento dell’informazione segue il trend del cinema. Fanno film violenti e sanguinolenti, allora informazione al suo seguito.
Ci può fare un esempio di notizia che ha raggiunto e in qualche modo “influito” sull’opinione pubblica?
Quella del cormorano, quella della tragedia del povero bambino Alfredino, dopo di lui fu creata l’agenzia delle Protezione Civile. Devo dire, però, che quella fu una tragedia e che l’opinione pubblica fu spontanea e non condizionata. O anche il dossier sulle armi per la distruzione di massa di Saddam, poi rivelatasi totalmente falsa.
Con l’avvento di internet è cambiato qualcosa per l’opinione pubblica rispetto agli altri mezzi di informazione?
No, è cambiato solo che chi ha tempo va alla ricerca di dettagli dell’informazione. L’analisi del fatto in sé o si è già in grado di farla prima o non si è in grado. Avere internet a disposizione non cambia nulla.
Ci sarà speranza nel futuro per una corretta informazione all’opinione pubblica o dobbiamo necessariamente far riferimento al Grande Vecchio di cui parlava George Orwell nel libro “1984” (nel quale il protagonista del romanzo, Winston Smith, è un membro subalterno del partito, incaricato di aggiornare i libri, gli articoli di giornale in modo da rendere riscontrabili e veritiere le previsioni fatte dal partito, contribuendo così ad alimentare la sua fama di infallibilità)?
Gli adulatori ci sono sempre stati, in tutte le epoche e in tutte le arti e mestieri. I media non fanno eccezione. L’informazione può venire manipolata e quando sono davvero bravi prima lanciano una messaggio per capire come reagisce l’opinione pubblica e poi si regolano di conseguenza. Si può creare un mostro e poi dimostrare che non era lui o tante altre cose. Secondo il mio parere, la speranza di uscire da meccanismo nasce dal singolo con due sole e semplici domande: perché succede questo e chi ci guadagna? Queste bastano a far sorgere un ragionamento critico, che poi potrà camminare con le sue gambe.
E soprattutto, esiste il Grande Vecchio? Insomma qualcuno al di sopra che decide cosa, dove, quando e perché far arrivare una notizia all’opinione pubblica?
Ah, il Grande Vecchio. Nella realtà c’è un vero ospizio di grandi vecchi. Tutti quelli che detengono un giornale, una agenzia di stampa, una televisione, una radio, un sito internet, un foglietto o qualunque altra cosa sono in grado di condizionare l’opinione pubblica. Certo, chi ha grandi mezzi può operare meglio e con più “credibilità”, ma esistono delle piccole agenzie di stampa che sono in grado di infliggere dei colpi durissimi.
Su questo argomento lei ha anche impostato il suo sito internet nel quale, tra le altre cose, si trovano anche tutte le interviste fatte?
Io ho fatto il sito per dare continuità allo studio della opinione pubblica. Spero solo di fare un buon lavoro, perché è un vero peccato che tutto questo patrimonio culturale vada perso.