Abstract intervento al seminario di demodoxalogia, San Martino al Cimino, 26/10/2009
La polemica attuale sul valore scientifico dell’opinione pubblica evidenzia una recente acquisizione culturale nei confronti dei sondaggi, nonostante il primo istituto demoscopico in Italia – la Doxa – sia nato nell’ormai lontano 1946. Il problema forse risiede nel fatto che la tecnica arrivata dagli Stati Uniti era anche il risultato di un percorso sociale e ideologico compiuto oltre oceano, e che dunque si appoggiava su una società capace di recepirlo. In Italia, invece, il sondaggio ha rappresentato un prodotto d’importazione giunto, tra l’altro, proprio alla fine di un periodo di oppressione e di costrizione come era stato quello fascista. Questa refrattarietà nei confronti delle rilevazioni demoscopiche non ha impedito, però, di far emergere, almeno fino agli anni settanta, il soggetto “opinione pubblica” sotto altre forme. Purtroppo queste si sono concretizzate soprattutto attraverso i risultati delle consultazioni elettorali e dei referendum, o peggio ancora con le manifestazioni verbali dei politici. Insomma, in Italia è stata data voce a un’opinione “utile”, frutto di una costruzione avvenuta secondo logiche prevalentemente partitiche.
Ma veniamo ai giorni nostri. In nome del principio che sottende all’articolo 21 della Costituzione che recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” da parte scientifica bisognerebbe rinunciare a chiudere l’osservato in una struttura prestabilita rappresentata da un’ideologia, una teoria scientifica o una tecnica di rilevazione. Il problema diventa allora quello di selezionare dei tratti pertinenti e di individuare un possibile modello di interpretazione. È questo l’obiettivo primario delle ricerche sull’opinione sociale che devono comunque essere sempre accompagnate dal dubbio che gli italiani possano esprimere solo un’idea su un'”illusione” – ossia su un qualcosa che già è stato manipolato e costruito attraverso una tensione volta a degli obiettivi specifici.
Interrogare l’opinione sociale è dunque un procedimento assennato di chi vuole far corrispondere le esigenze della società all’operato politico. È facile trovare, leggendo un giornale o seguendo alcune trasmissioni televisive, un certo disaccordo circa le percentuali espresse dai sondaggi. In sostanza stupisce che tante persone possano avere un’idea del tutto diversa da quella che abbiamo immaginato, anche in considerazione del voto espresso nelle elezioni politiche. È sconcertante, dunque, che ancora oggi non si distingua nettamente tra opinione pubblica – quella rappresentazione che corrisponde anche ai risultati delle elezioni – e opinione sociale.
Compiere una comparazione tra opinione sociale e risultati delle elezioni può per esempio far emergere degli aspetti che possono tornare utili anche agli stessi partiti: capire perché coloro che li hanno votati pensano di subirne negativamente le decisioni, oppure individuare quali sono i punti di forza nei confronti dell’elettorato contrario. Spesso, infatti, c’è la tendenza a considerare i risultati delle elezioni come un’espressione diretta dell’opinione, senza valutare il contributo che i sondaggi potrebbero dare su tematiche di ordine sociale. Le “sorprese” dei votanti che si spostano da un partito all’altro, oltre ad essere il risultato di efficaci campagne elettorali, sono anche la conseguenza dell’insoddisfazione dell’opinione sociale nei confronti dell’offerta politica. Certo si potrebbe obiettare che numericamente questo aspetto non ha alcuna importanza visto che le percentuali alle urne sono comunque le stesse. È vero, ma non è questo l’obiettivo di una ricerca sociologica effettuata lungo il processo di formazione dell’opinione sociale. L’obiettivo è invece quello di comprendere le incongruenze e le contraddizioni tra politica e società e come queste riescano a rendere la vita dei cittadini una fatica quotidiana.
Allora cosa farne dell’opinione pubblica? Com’è noto l’opinione pubblica per affermarsi nel suo ruolo politico ha attraversato diverse fasi, anche dolorose, che avrebbero dovuto conferirle la dignità di soggetto democratico. Oggi invece è diventata un valore in sé. L’opinione pubblica esiste, bisogna difenderla, a volte persino ascoltarla con compiacenza, ma sempre mantenendo una certa distanza. Non a caso se osa esprimersi fuori dai criteri non è più un valore ma un problema, e allora si ricorre ad espressioni come: “È stata rilevata male”, “non è attendibile”, “non è rappresentativa”, “non è informata”, “è umorale”. Insomma, perde tutte quelle caratteristiche che l’hanno resa oggetto di analisi e di rilevazioni scientifiche, ma soprattutto il ruolo democratico che le è proprio.