Il bidone del federalismo

Sono sufficientemente esperto di federalismo da potermi permettere una nota sul recente articolo di Giulio D’Orazio: sono uno dei fondatori della Lega Nord (congresso di Pieve Emanuele nel 1991), essendo stato tra i fondatori del Movimento federalista ed autonomista Union Piemonteisa (1978/79) confluito nella Lega Nord dieci anni dopo. I movimenti federalisti del Nord Italia nacquero per ispirazione di Carlo Cattaneo, della Carta di Chivasso e per l’opera di proselitismo di Bruno Salvadori della Union Valdotaine (deceduto dopo poco in un discusso incidente d’auto). Sono uscito dalla Lega poiché questo partito ha fortemente deviato dalle finalità originali, che erano:

  • definire la composizione di tutte le popolazioni europee (circa 350 etnie dotate ciascuna di propria lingua, cultura, usi e costumi) e tra esse definire le etnie della penisola italiana, che non corrispondono alle collocazioni territoriali attuali volute a tavolino dai Savoja, e che quindi non corrispondono alle attuali regioni;
  • federare le etnie viciniori su imitazione dei cantoni svizzeri e successivamente confederare detti cantoni in una Europa federale eliminando gli attuali cosiddetti stati nazionali come Italia, Francia, Spagna ecc.

In pratica si trattava di formare uno Stato vero e proprio di nome Europa, in cui trovassero casa le 350 etnie europee derivate in pratica dalle antiche tribù preromane. Tale stato doveva essere non una federazione, ma una confederazione. Questo era l’obiettivo della Lega Nord delle origini, nata dalla confederazione dei molti movimenti autonomistici cisalpini. Il federalismo italiano, dunque, non era altro che una sorta di effetto collaterale e parziale rispetto al progetto intero, che sosteneva la fondazione di un nuovo Stato che inglobasse le popolazioni locali europee e non fosse l’artificiosa convivenza forzata tra entità statali preesistenti legate a carrozzoni burocratici o potentati economici.

Invece sappiamo come andò. Fu fatto il potentato di Maastricht, cioè delle multinazionali, in spregio agli interessi economici e culturali delle popolazioni europee. Fu realizzato il carrozzone burocratico di Bruxelles che sforna pacchi di regole e regolamenti nei quali poi si perde di vista la realtà reale. Fu creato l’euro in spregio alle capacità produttive delle popolazioni per imporre i signoraggi dei potentati economici.

Quello che oggi chiamano federalismo non è altro che un solenne bidone spacciato per oro colato
, mentre si continuano ad ingannare le popolazioni sul significato di federalismo dimenticando così Cattaneo e la Carta di Chivasso. Il partito Lega Nord nel frattempo ha estromesso quasi tutti i fondatori, ha cambiato lo statuto, ha modificato il concetto di federalismo ed è diventato una sorta di fabbrica di cadreghe politiche sulla falsariga del vecchio Partito Socialista di Bettino Craxi. I ciarlatani del federalismo italiano continuano a blaterare di federalismo fra regioni, pur sapendo perfettamente che tali regioni non corrispondono alle realtà delle popolazioni locali: esemplare il caso della regione Lunezia. Le uniche regioni che a stento corrispondono alle realtà delle genti locali potrebbero essere le due isole: Sicilia e Sardegna. Quanto ai confini delle altre, essi furono tracciati a tavolino da burocrati savoiardi pigri e impreparati, per non dire ignoranti, incapaci persino di capire come fosse composto il Piemonte, che al suo interno presenta almeno tre etnie differenti (Piemontese, Occitana, Ligure) dotate di lingue e costumi propri e differenziati fra loro.

Oggi si contrabbanda per federalismo italiano una sorta di decentramento dei poteri e della fiscalità, non certo una forma (neppure larvata) di vero federalismo
. Un gioco di prestigio alla Vanna Marchi, messo in opera per lucrare potere e guadagni. Un federalismo che non è neppure l’ombra del cosiddetto federalismo europeo, nato anche dalla visione profetica di Giuseppe Mazzini (Giovane Europa) così come non è la prosecuzione della Carta di Chivasso, che voleva ridare dignità alle popolazioni padano-alpine riposizionando al centro degli equilibri sociali quella montagna che ha fornito per secoli rifugio, sostegno e cultura a tutta la penisola italiana, dalle Alpi all’Appennino. Siamo invece in presenza di una truffa volta ad ingannare le popolazioni degli insediamenti urbani che con la loro densità elettorale forniscono deleghe e potere ai professionisti dell’inganno politico. Dobbiamo rassegnarci nel prendere atto che quando intere popolazioni si lasciano ingannare consapevolmente significa che si è arrivati al capolinea della storia e si è ormai in vista dell’estinzione.

Bruno Zarzaca ©reative ©ommons BY NC ND 1997-2024