La democrazia adulta è sinonimo di maturità e garanzia di libertà e uguaglianza. In Italia c’è un governo eletto democraticamente e i rappresentanti del popolo dovrebbero essere persone capaci e corrette. I diritti sarebbero garantiti e i doveri richiesti: nei tribunali c’è scritto “la legge è uguale per tutti”. La democrazia ha bisogno di certezze e di regole stabili, ma nel nostro paese spesso tali principi sono calpestati: così le disuguaglianze tra cittadini crescono. Per arginare tali effetti, le nostre istituzioni (come quelle di altri paesi democratici), in virtù della loro lungimiranza, mettono in atto dei correttivi per garantirsi la fiducia della popolazione.
Quando però le condizioni socioeconomiche mutano e si creano squilibri che intaccano il benessere (come nell’attuale crisi) ecco che si crea una frattura sociale tra ceti e si innescano fattori democraticamente inquietanti: lo slittamento verso la timocrazia e la costituzione delle caste. La timocrazia è una forma deviata di democrazia, ove la classe politica diviene tale in virtù del proprio censo. Un ulteriore allontanamento dalla democrazia si ha con la formazione delle caste che si spartiscono il potere. Se però va al governo una casta come quella degli imprenditori (tanto per citarne una), è ovvio che si assiste ad un “protettorato” della categoria: di conseguenza, le altre caste non staranno a guardare il loro magro piatto di lenticchie e avanzeranno pretese. Ne deriva il teatrino di accordi, inciuci, apparentamenti e delle intese tra caste dominanti. Si creeranno progressivamente poteri incontrollabili con l’obiettivo di modificare le leggi e plasmarle a interessi particolaristici e, dunque, a danno dei più deboli (di fatto “servi del potere”, in quanto considerati solo per il voto).
Una società succube e incolta è facilmente controllabile e ricattabile. Prima di essere ricattabile, la società, resa debole e carente di garanzie, deve essere indotta al successivo passo: lo stato di bisogno. Il bisogno assume molte facce, ma può essere soprattutto economico e sanitario. Attraverso la necessità del posto di lavoro, la licenza di costruire, il posto letto all’ospedale, ecc. che non si ottiene per diritto ma come concessione del potente di turno, il bisognoso diventa “galoppino” del politico che l’ha aiutato, portandogli voti e assicurandogli così la sopravvivenza nel sistema delle caste. L’ulteriore deriva, legittimata dai consensi elettorali ricevuti, sarà la creazione di un movimento (di idee e interessi) di “amici” (senza ulteriori distinzioni: intellettuali, affaristi, malavitosi) per arrivare a dirigere lo Stato con un potere “autarchico” praticamente illimitato: si diffonderanno simboli partoriti dalla mente del leader e i “sottoposti”, dipendendo dalle iniziative del “capobastone”, lo difenderanno a oltranza per qualsiasi cosa dica o faccia.
Per molti l’esempio più fulgido di tale deriva potrebbe intravedersi in Berlusconi o Bossi, ma anche le altre formazioni politiche non scherzano: canzoncine sdolcinate e canti di protesta, slogan a tinte sgargianti, coccardine e palloncini, comparsate in tv, ecc. A ben osservare, Berlusconi vi aggiunge una cura dell’immagine per apparire un uomo potente e invincibile. Alcuni aggiungono la mistificazione ad oltranza dei fatti avversi. A molti cittadini Berlusconi appare come un uomo da imitare perché “si è fatto da solo”. Con Bossi il discorso è identico: ha un gran seguito perché esprime concetti cari al popolo del nord e li scandisce a muso duro. Da qui i simboli, i colori, gli oggetti, i rituali e i gesti che accomunano ideali e persone.
La domanda è se siamo già in dirittura d’arrivo. Di sicuro per ora c’è la timocrazia, ma probabilmente dietro l’angolo non ci aspetta una dittatura ossessiva, come presagio del decadimento della democrazia, ma un controllo delle masse piegate al volere di una idea e di un solo uomo al comando. Un governo autarchico, appunto.