Democrazia significa “governo del popolo”: nell’antica Grecia (che ci ha trasmesso il concetto) il popolo si radunava in piazza e decideva; cioè, la plebaglia ignorante dopo aver ascoltato i soliti quattro leader che sapevano parlare con trasporto e aulici concetti (specie delle cose che anche loro ignoravano), applaudiva le belle parole senza averle capite consegnando il governo del paese a quei furboni. Da allora qualsiasi tipo di governo ha operato e parlato in nome del popolo sovrano: anche quei capi carismatici, capaci di attirare i consensi, agiscono sempre su mandato del popolo (pervenuto dal responso delle urne o da facinorosi scesi in piazza con fez, striscioni o bombe molotov). Tra i governi, detti sociologicamente aperti (democratici) o chiusi (dittatoriali), dal punto di vista del consenso non c’è differenza. Tutti sono entrati vittoriosi nel Palazzo per volontà popolare certificata dai numeri: chi dalle schede uscite dalla urne, chi dalla massa osannante in piazza.
Autore: Giulio D'Orazio
Simboli e partiti
Al momento della chiamata al voto un peso preponderante hanno i bisogni e i valori; sono le aspettative del singolo cittadino che diventano aspirazioni di gruppo, cioè la somma mediata delle singole aspettative dei soggetti che lo formano. Gruppi che si differenziano fra loro proprio sulle aspettative rivolte a soddisfare dei bisogni in un quadro di valori condivisi. Riprendendo una nota di Roberto Canali, su L’opinione del demodoxalogo ho richiamato il peso evocativo dei simboli di partito sulle decisioni elettorali del cittadino. Leggi tutto “Simboli e partiti”
Federalismo? Imbecillità!
Non mi si può accusare di essere contro uno Stato basato sulla federazione regionale: nel lontano 1956 fui eletto nel consiglio direttivo romano del Movimento Federalista Europeo e successivamente partecipai ad un corso di formazione politica di otto giorni che si svolse nel castello di Sermoneta (Latina), messo a disposizione dalla famiglia Caetani; conservo ancora l’attestato firmato da uno dei padri dell’Unione Europea: Altiero Spinelli. Leggi tutto “Federalismo? Imbecillità!”
Il cavallo di Caligola
Le effemeridi, dal greco ephemeris (diario), sono le attestazioni del giorno: cioè la cronaca d’attualità. Documentazioni che ci ragguagliano sul passato o che attestano a memoria futura; come le effemeridi che raccoglievano gli editti dei regnanti, oppure il libro di Giovanni di Muller che sotto tale titolo riferisce gli avvenimenti succedutisi, giorno dopo giorno, dal 1475 al 1506. Le effemeridi del tempo ci raccontano che Caio Giulio Cesare Augusto Germanico – nato ad Anzio nel 12 d. C. e conosciuto come Caligola perché indossava la calzatura militare denominata caliga – nominò senatore il suo cavallo. Non essendo vissuti in quel periodo, ma basandoci solo sulle effemeridi (cronache) dei giorni nostri non sappiamo se il gesto fu un atto di sfida verso il Senato, anche allora frequentato da capre in sembianze umane, oppure un vero atto di follia. Leggi tutto “Il cavallo di Caligola”
Lippmann e la demodoxalogia
Abbiamo letto con piacere la monografia di Mascia Ferri sul contributo sociologico di Walter Lippmann (Come si forma l’Opinione pubblica, Franco Angeli, Milano, 2006). Il saggio, pubblicato nella collana “confini sociologici” diretta da Paolo De Nardis, è di agevole lettura e propedeutico allo studio della sociologia e delle scienze della comunicazione. Non solo perché approfondisce le idee e gli scritti di un giornalista come Lippmann (New York, 1889-1974) quasi sconosciuto sul piano sociologico, ma anche perché offre un’ampia panoramica dei contributi sociologici attinenti ai temi legati alla visione di Lippmann: i problemi della conoscenza, della coscienza di classe, della complessità, degli stereotipi, delle strategie mediatiche, della rappresentazione del sociale, della libertà e, soprattutto, della democrazia e del ruolo dell’educazione.